mercoledì 2 marzo 2011

Il concetto di Energia Vitale era conosciuta sin dall’antichità: i Cinesi la chiamavano "Chi", gli Egiziani "Ka", gli Indù "Prana", i Giapponesi "Ki" e nella nostra tradizione, Ippocrate la chiamava "forza guaritrice della natura".

Il Ki è definibile come “forza vitale” presente in ogni essere vivente, differenziando ciò che è vivo da ciò che è morto. Il termine Reiki si riferisce all' "Energia Universale" non circoscritta unicamente nell'ambito di esseri viventi individualizzati.

Il Ki non ha nessuna implicazione di natura misteriosa, esoterica o magica. Il Ki è essenzialmente uno “stato dell’essere”, non una “cosa”, e non possiede un’esistenza fisica maggiore di quanto la possa avere un campo magnetico. Il campo è un’astrazione matematica che denota un effetto diffuso in uno spazio. È possibile misurare l’effetto, ma non il campo stesso.

La disciplina del Reiki è la risultante di molteplici esperienze del suo fondatore, Mikao Usui, nell’ambito di svariate pratiche nipponiche legate direttamente o indirettamente all’impiego del Ki. Egli praticò Buddismo Tendai, Qi Gong (Ki Ko in giapponese) e arti marziali tradizionali.

Nel Reiki si ottimizzano e riattivano le potenzialità energetiche attraverso la pulitura e apertura dei canali energetici mettendo l’individuo in contatto diretto con l’Energia Universale. L'energia Reiki si trasmette attraverso una delicata e rispettosa imposizione delle mani sia su sé stessi che sugli altri, oppure attraverso trattamenti a distanza, non solo su persone, ma anche su animali, oggetti e situazioni. Questo metodo di pratica non è una "pittoresca novità New Age", ma una consuetudine nipponica - e non solo - appartenente alla tradizione e storicamente chiamata Te-ate.

Spesso si sente definire il Reiki come tecnica di guarigione. Ebbene, il termine “guarigione”, soprattutto in Estremo Oriente, sta a significare la conservazione dello stato di omeostasi del Ki del proprio organismo o la sua reintegrazione in presenza di uno squilibrio che può manifestarsi anche, ma non necessariamente, sotto forma di malattia. Il Reiki non è assolutamente un protocollo terapeutico, ma una disciplina del Ki codificata sulla base di pratiche più antiche.

Il tramite dell'Energia Universale, viene definito reikista o operatore Reiki. Si diventa reikisti attraverso una pratica di attivazione che prevede la presenza e il contatto con un tramite (anch'egli a sua volta attivato) definito Insegnante Reiki o Reiki Master.

Questa natura in un certo qual modo “iniziatica” dell’Reiki è retaggio per lo più della cultura spirituale nipponica, in particolare del Buddismo tantrico importato dalla Cina e dal Tibet.

A volte vi è l’illusione di una istantaneità ed automaticità nell’operare felicemente con il Reiki. Ebbene, non esiste una pratica al mondo e soprattutto in Giappone, che non richieda l’esecuzione di disciplinati esercizi per conseguire dei risultati. Scorciatoie non ve ne sono. In vero, qualsiasi iniziazione di livello Reiki indica un “salto quantico” del praticante in un campo della realizzazione potenziale, che solo la pratica in quanto tale può portare concretamente a manifestarsi.

Nel Rakurai Dojo si pratica l'Usui Reiki Rakurai-ha (metodo Rakurai). Non si tratta di un nuovo metodo di Reiki, ma solo un impostazione di principio diversa da quella maggiormente diffusa in Occidente, più fedele, secondo noi, a quella che dovrebbe essere la corretta visione della disciplina.

COME FUNZIONA IL REIKI

Il Reiki armonizza le energie dell’operatore, di chi riceve l’energia e delle cose che lo circondano, attivando meccanismi di riequilibrio e favorisce i processi di auto-guarigione. Il Reiki agisce su corpo, mente e spirito considerati come "unità"; è un sistema olistico, ideale come prevenzione o come pratica per il mantenimento di uno stato di benessere.

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